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La testimonianza penale

 

L’opera, utilizzabile nella quotidiana pratica giudiziaria, coniuga il commento della norma processuale, la giurisprudenza anche sovranazionale e la voce della dottrina più autorevole.
Il volume è suddiviso nelle seguenti parti: esame in generale della testimonianza dal punto di vista statico; studio della cross – examination, che rappresenta l’aspetto dinamico della prova testimoniale; brevi considerazioni di psicologia giuridica e di logica applicata alla prova per testi. Inoltre è affrontata anche la trattazione della prova in fase predibattimentale.
Attenzione è stata riservata anche alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nonchè alle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte europea di giustizia, sia in considerazione della loro attuale operatività nell’ambito del diritto interno, sia nella prospettiva di una sempre maggiore integrazione degli ordinamenti interni nelle discipline sovranazionali.
E’ in corso di stesura un’edizione riveduta e aggiornata.

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La testimonianza nel giudizio penale

 

Il volume, che tratta della testimonianza penale con riguardo alla fase del giudizio, è un testo sintetico, di facile consultazione, che può essere utilizzato anche nella quotidiana pratica giudiziaria.
Per tale ragione è stato suddiviso nelle seguenti parti: esame in generale della testimonianza dal punto di vista statico; studio della cross-examination, che rappresenta l’aspetto dinamico della prova testimoniale; regime delle contestazioni nell’esame testimoniale; disciplina delle letture in luogo delle testimonianze; brevi considerazioni di psicologia giuridica e di logica applicata alla prova per testi.
Lo scopo ultimo è di offrire una chiave di lettura pratica dei precetti normativi, avendo sempre presente il seguente ammonimento di Francesco Carnelutti: «il vecchio contrasto tra la verità materiale e la verità formale, che vuol dire, in fondo, tra la verità vera e il surrogato della verità, si fa presto a dire che non esiste quando si sta a tavolino; ma chi del processo, civile e penale, vive e soffre la passione lo vede risorgere ad ogni passo più insanabile che mai».
La retta applicazione delle norme processuali, quindi, ha la preminente finalità di assicurare, per il tramite della legalità, il raggiungimento della Giustizia.

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Gli Artigli del Leone

 

Venezia; il ponte dei sospiri; un’immagine da cartolina, che i turisti di tutto il mondo riprendono nelle loro fotografie e che evoca un passato di tormenti, processi segreti ed esecuzioni capitali.
Ma era davvero così? Oppure, come insegna la storia, mentre in tutta Europa si bruciavano le streghe, nei territori sotto il Serenissimo principe, il Doge, non si ebbe un solo rogo di povere donne perseguitate unicamente per una loro ritenuta diversità; od ancora, come ha ben scritto Carlo Ginzburg in un suo libro,
Il formaggio ed i vermi, a Venezia l’inquisizione romana era mal sopportata, vista con diffidenza e sorvegliata sempre dall’attento occhio
delle magistrature repubblicane?
Una risposta alla domanda in premessa può trovarsi, almeno in parte, nel libro «Gli artigli del leone».

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In difesa dei «Serenissimi»

 

Nella notte tra l’8 ed il 9 maggio 1997 otto persone hanno «scalato» il campanile di Piazza San Marco a Venezia. A seguito di un fulmineo intervento eseguito dai G.I.S. dei Carabinieri sono stati arrestati e tratti a giudizio direttissimo avanti alla Corte d’Assise di Venezia (unico caso nella recente storia giudiziaria italiana) per rispondere di alcuni reati, tra i quali l’essere «appartenenti alla associazione sovversiva operante sotto le sigle ‘Veneto Serenissimo Governo’ e ‘Veneta Serenissima Repubblica’»… avente quale finalità la costituzione mediante violenza di «una Nazione veneta, nuova, libera, indipendente e sovrana».
Con sentenza in data 9 luglio 1997 il sig. Gilberto Buson, una tra le persone ormai comunemente note come gli «otto del campanile», è stato condannato alla pena di anni 6 di reclusione.
La Corte d’Assise d’Appello di Venezia, con successiva sentenza del 27 aprile 1998 ha, ridotto la pena inflittagli ad anni 3 e mesi 5 di reclusione, liberando il sig. Gilberto Buson (ormai detenuto da oltre 2 anni).
Nel frattempo la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Verona, a seguito di alcune interferenze televisive avvenute nei mesi di marzo e maggio
1997 sul canale Rai 1, aveva iniziato autonome indagini a carico di Gilberto Buson e molti altri, per i quali richiedeva il rinvio a giudizio, ancora per il reato di associazione «per finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico», nonché di banda armata.
Solo tre persone, infine, hanno deciso di affrontare il giudizio pubblico avanti alla Corte d’Assise di Padova, ove il procedimento, a seguito di molte peripezie giudiziarie era nel frattempo approdato: Gilberto Buson, Cristian Contin e Flavio Contin.
La Corte li ha assolti decidendo che «il fatto non sussiste», con sentenza poi confermata dalla Corte di Assise di appello di Venezia e definitivamente dalla Corte di Cassazione. Il presente scritto riproduce la difesa svolta dell’avv. Luigi Fadalti nell’interesse del sig. Gilberto Buson.